
Shira Perlmutter dell’US Copyright Office non era solo un’alta funzionaria governativa: il suo licenziamento da parte dell’amministrazione Trump rivela un inedito e pericoloso cambiamento nel paradigma del diritto d’autore mondiale.
Il suo mandato all’Ufficio Copyright statunitense è stato caratterizzato dalla crescente sfida dell’intelligenza artificiale. Mentre le grandi aziende tecnologiche avanzavano alacremente nella corsa all’AI, la Perlmutter ha cercato di tracciare confini chiari. Ha lanciato un ambizioso progetto di consultazione nel 2023, ascoltando migliaia di voci, dagli sviluppatori della Silicon Valley agli artisti di Broadway, alla ricerca di un percorso, che si sta rivelando internazionamente complesso, che potesse conciliare innovazione e protezione.
Il principio che ha guidato il suo lavoro era semplice ma potente: “la centralità della creatività umana”. Una visione che non rifiutava il progresso tecnologico ma poneva limiti precisi allo sfruttamento indiscriminato delle opere protette da copyright.
Come ho analizzato nel mio articolo “The Evolution of Hybrid Copyright“, sotto la direzione di Perlmutter, l’US Copyright Office ha sviluppato una sofisticata dottrina del ‘copyright ibrido’ – un approccio che va oltre le semplici distinzioni binarie per abbracciare una comprensione più sfumata dei processi creativi. L’emblematico caso “Zarya of the Dawn” del 2023 ha segnato l’inizio di questo percorso dottrinale, che si è poi evoluto verso una maggiore sofisticazione nella valutazione del contributo umano, come dimostrato dal successivo caso “Rose Enigma”. Entrambe le opere erano dell’artista Kris Kashtanova, dimostrando un’unica progressione nella teoria del copyright attraverso lo sviluppo creativo di un singolo autore.
Perlmutter è riuscita a guidare questa trasformazione giuridica con un raro equilibrio, riconoscendo da un lato la necessità di proteggere la creatività umana e dall’altro l’importanza di adattarsi al cambiamento tecnologico. La sua capacità di preservare i principi fondamentali del copyright – in particolare il requisito della paternità umana – adattandosi all’evoluzione tecnologica, suggerisce un percorso sostenibile per il diritto d’autore nell’era dell’Intelligenza Artificiale Generativa.
Questo equilibrio l’ha inevitabilmente messa in rotta di collisione con interessi potenti. Il suo ultimo atto, quel rapporto di oltre 100 pagine che metteva in discussione l’uso di opere protette per addestrare sistemi di AI, dando voce a numerosi autori nel mondo, è diventato il simbolo di questa battaglia.
“L’uso commerciale di vasti archivi di opere protette per produrre contenuti che competono con esse nei mercati esistenti va oltre i confini stabiliti del fair use” ha scritto nel rapporto, sfidando apertamente il modello di business alla base di molte delle promesse dell’IA generativa e pronunciando uno dei suoi discorsi più importanti mentre forniva argomentazioni legali chiave per molte delle cause ora in corso nei tribunali—inclusi casi di rilievo come Authors Guild v. OpenAI, Thomson Reuters v. ROSS Intelligence, e le cause intentate dal New York Times, Getty Images e vari editori musicali contro le aziende sviluppatrici di modelli di AI Generativa.
Non sorprende che il rappresentante democratico Joe Morelle abbia collegato il suo licenziamento al “rifiuto di approvare acriticamente gli sforzi di Elon Musk” in questo campo. La vicinanza tra il magnate della tecnologia e l’amministrazione Trump è nota, così come la posizione di Musk che il mese scorso si è dichiarato favorevole all’abolizione delle leggi sulla proprietà intellettuale.
L’American Accountability Foundation aveva già puntato il dito contro Perlmutter, etichettandola come parte dei “poteri occulti progressisti” (deep state liberal) da epurare. Il suo licenziamento rappresenta non solo la fine della sua carriera all’Ufficio Copyright ma potrebbe anche segnare un punto di svolta nella dottrina del copyright ibrido che ho analizzato nel mio lavoro, indicando un fenomeno che stiamo -tristemente- prevedendo dal 2010: la fine del copyright come lo conosciamo